“Le Iene” fanno danni: come e perché

Sull’esperimento del Gran Sasso stessa logica del caso Stamina

di Gilberto Corbellini (il Foglio, 29 Novembre 2017)

“Le Iene” hanno dunque colpito ancora. Il danno che le “Iene” fanno al paese e alla cultura scientifica continua a essere devastante e si stenta a capire perché. Il “metodo Iene”, applicato a questioni di scienza o di medicina, consiste nell’individuare un argomento che susciti una reazione emotiva e che per questo sia in grado di cancellare, non tanto un atteggiamento razionale (che neppure sarebbe possibile in quanto pochi capiscono di cosa si stia parlando), ma la fiducia verso le persone competenti, cioè scienziati e tecnici, dotate di metodi validati per calcolare i benefici e i rischi di una qualche attività umana. Nella fattispecie, l’esperimento sotto il Gran Sasso, ma anche una terapia anticancro piuttosto che una con false staminali.

Le società moderne si fondano su questa fiducia: ci fidiamo di équipe di tecnici e professionisti che non conosciamo ogni volta che ci sottoponiamo a un intervento chirurgico in ospedale o prendiamo un aereo e un treno ad alta velocità, ma anche quando attraversiamo un ponte sospeso o percorriamo un tunnel sottomarino o saliamo con l’ascensore al 124° piano del grattacielo più alto del mondo a Dubai. Diamo per scontato, senza riuscire a immaginare la scienza e la tecnologia che stanno dietro a questi esempi, che ci si preoccupa innanzitutto della nostra sicurezza.

Si tratta però di una fiducia precaria. Perché la nostra percezione del rischio è rimasta quella che ha consentito ai nostri antenati di sopravvivere nella savana del Pleistocene, dove era vantaggioso essere avversi al rischio e forse anche sovrastimare la rischiosità di eventi rari, ma catastrofici, e sottostimare quella di eventi frequenti e che causano danni in tempi più dilazionati. Un classico test sulla percezione del rischio in uso nei corsi universitari somministra agli studenti un elenco in ordine alfabetico dei rischi, chiedendo di metterli in ordine di pericolosità. Se nell’elenco c’è l’uso dell’energia nucleare è sicuro che gli studenti la mettono al primo posto, e se c’è l’uso della motocicletta lo collocano a metà dell’elenco. A seguire si mostra loro la graduatoria prodotta da esperti di rischio, che contano morti e invalidi causati dalle centrali nucleari e dalle motociclette, da cui si evince che la motocicletta è più rischiosa del fumo di sigaretta, degli alcolici e delle armi da fuoco. Gli stessi esperti collocano l’uso del nucleare molto dopo nuotare, andare in bicicletta e altre cose apparentemente sicure. Del resto basterebbe chiedere a bruciapelo alle persone se sia più rischioso l’aereo o l’auto, e non pochi direbbero l’areo, pensando al rischio come a qualcosa che spaventa. Più che a qualcosa di matematicamente calcolabile quantificando i danni. La percezione soggettiva del rischio ci tradisce.

Il “metodo Iene” consiste quindi nel cercare un argomento che generi o l’emozione della paura, o quelle dell’indignazione e della compassione se si tratta di malattie, per scatenare delle percezioni soggettive dei rischi e mettere in discussione l’affidabilità di scienziati o tecnici. Nel caso del Gran Sasso l’effetto paura è scatenato dalla parola “nucleare” e dall’associazione mistificante tra un esperimento con materiale radioattivo, condotto in condizioni super-controllate, e centrale nucleare, che nell’immaginario collettivo è associata a catastrofi devastanti. Appunto le centrali nucleari sono in cima ai rischi percepiti.

Naturalmente la manipolazione psicologica va condita con opportune falsità. E cosa c’è di più manipolatorio che affermare, falsamente, che gli scienziati dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) hanno tenuto nascosto l’esperimento e i rischi? Dire che gli scienziati fanno le cose di nascosto significa accusarli di ingannare la fiducia di chi ne finanzia la ricerca o dei cittadini che vivono nei pressi del centro di ricerca, e noi siamo psicologicamente allertati a temere di essere ingannati e a desiderare che chi lo fa sia perseguito dalla comunità. In uno studio condotto una decina di anni fa in Gran Bretagna da un istituto di sondaggi, si vide che uno dei motivi per cui i cittadini non si fidano degli scienziati è perché pensano che facciano le cose di nascosto.

Il “metodo Iene” è comunque flessibile, perché riesce a scatenare istinti che sono culturalmente modulati, usando anche le predisposizioni di carattere altruistico. Come nella vicenda Stamina, dove la compassione naturale per dei bambini malati era usata per scatenare una campagna a favore di Vannoni. Che almeno è finito in prigione. Mentre chi ha montato mediaticamente il caso con indifferenza per il male che causava, cioè “Le Iene”, non ha avuto conseguenze e continua a fare danni. Nel caso Stamina, che ha visto “le Iene” protagoniste di una delle più disgustose e dannose manipolazioni mediatiche, le emozioni chiave erano la compassione per i bambini con malattie gravi e senza cure, e l’indignazione perché gli scienziati erano contrari e consentire l’uso dello pseudo-trattamento di Vannoni, pur in assenza di cure. La risonanza emotiva potenziale della vicenda Stamina, era largamente superiore, al caso Gran Sasso, anche perché in quel caso furono coinvolti personaggi dello spettacolo ed entrarono in campo i giudici. Ora, è improbabile che un cantante famoso o un giudice compromettano la reputazione per un esperimento sui neutrini, dove chiunque abbia un minimo di sale in zucca sa che l’approvazione è passata attraverso attente valutazioni, e che sono state prese precauzioni che vanno oltre quelle consigliate dai calcoli. Per cui è improbabile che in questo caso l’effetto distruttivo per la convivenza civile sia ottenuto da “Le Iene”.

L’Italia è, tra i paesi occidentali, uno di quelli che hanno il più basso livello di fiducia nelle istituzioni e nella democrazia. Le campagne mediatiche e politiche che insistono nel prendere a picconate, usando il sospetto e la menzogna, anche quel poco che è rimasto di parzialmente sano, come le istituzioni scientifiche, stanno perseguendo malvagiamente l’obiettivo di trascinare il paese in una nuova barbarie civile.

“Le Iene trasfigurano i fatti e creano danni”: l’accusa di tre scienziati

le Iene colpevoli

di kolonna 5

Aggiornamento: 1 dicembre 2017

In molti si sono accorti da tempo che “Le Iene” (quelle dell’omonimo programma tv berlusconiano, ideato e diretto da Davide Parenti) non hanno alcuno scrupolo quando decidono di lucrare sul sensazionalismo (qui sono state beccate a taroccare e a disinformare sul presunto caso dei “suicidi Blue Whale”: http://bit.ly/2ss34IA e http://bit.ly/2rSEFPq; qui invece sugli esperimenti del Gran Sasso:  https://leienesonocolpevoli.wordpress.com/2017/12/01/le-iene-fanno-danni-come-e-perche/) o quando vogliono colpire i loro bersagli. Ad esempio, in passato “Le Iene” si sono rese moralmente responsabili del suicidio di un prete. Saputo che era un molestatore di ragazzi, l’hanno adescato con un attore e messo alla gogna in tv. Il prete non resse alla vergogna e si uccise. In quella occasione il capo del programma, Davide Parenti, fu spudorato: “Abbiamo agito come era logico e lecito fare. Abbiamo fatto il nostro dovere.”

Nessun giornalista osò replicargli che il loro dovere, casomai, era denunciare il fatto alle autorità, non strumentalizzare la situazione per fare spettacolo e guadagnarci su. Se quel prete era colpevole, spettacolarizzando il caso “Le Iene” se ne sono rese moralmente complici. Quel prete era in una comunità di cura, forse sarebbe potuto guarire dal suo vizio. Che diritto hanno “le Iene” di condannare le persone e di metterle alla gogna in tv? Nessuno, proprio nessuno. E’ puro arbitrio. Barbarie. E il popolo si gode lo spettacolo come un tempo davanti alla ghigliottina. Che con questo metodo “Le Iene” si arroghino un diritto che non hanno è evidente. Il loro arbitrio, esercitato con la violenza della tv,  può causare danni irreparabili alle persone.

Il caso Stamina ne è una prova lampante e sconvolgente. L’operato delle “Iene” nel montare il caso è stato finalmente descritto sulla “Stampa”. “Le Iene” “hanno concorso a costruire l’inganno Stamina (…) sono state asserite circostanze insussistenti per manipolare e spettacolarizzare le sofferenze di malati e parenti (…) Con sapienti «taglia e cuci» hanno prodotto immagini distorte del serio lavoro svolto dai professionisti della Commissione incaricata dal ministro facendo ricorso a piene mani alla loro (solita) scenografica e stucchevole pseudo-ironia riservata (solitamente) ai peggiori e loschi figuri intervistati in loro passate trasmissioni (…) allo scopo di «raccontare» quel che loro stessi andavano sceneggiando, con l’intento da un lato di spettacolarizzare le sofferenze dei malati, e dall’altro di alimentare un’idea falsata della controversia, dove Vannoni doveva apparire il benefattore contro cui si erano scatenati i poteri forti e cattivi (…) In un paese civile, Parenti e chi per lui, sarebbero anch’essi chiamati a rispondere davanti a un giudice.”

Riportiamo l’articolo integrale. Buona lettura.

CASO STAMINA. GLI SCIENZIATI CONTRO LE IENE

Elena Cattaneo, Gilberto Corbellini e Michele De Luca

la Stampa,

20 gennaio 2014

La libertà di stampa è un valore non negoziabile. Proprio per questo, cioè per proteggerla, chi ne abusa causando danni a persone, in un Paese che costituzionalmente rifiuta ogni ipotesi di autorizzazione o censura, di regola andrebbe responsabilizzato dalla legge. Anche l’indicatore della libertà di stampa ci vede in fondo alla graduatoria internazionale dei paesi civili. Un esempio eclatante di irresponsabilità nella pratica della libertà d’informazione, da cui sono venuti danni irreparabili a persone e alla sanità pubblica, è l’uso che della vicenda Stamina ha fatto nei mesi scorsi il programma televisivo «Le Iene». Interpretando al peggio la filosofia situazionista, che mescola finzione e realtà, sono state asserite circostanze insussistenti per manipolare e spettacolarizzare le sofferenze di malati e parenti.

Viceversa, i fatti provati che condannavano Stamina sono stati trasfigurati. Sono stati letteralmente ribaltati e proposti come una «dimostrazione» della «falsa propaganda del potere costituito» o di non meglio precisati «interessi di potenti multinazionali». In quanto tali, gli eroici giornalisti di «Le Iene» li contrastavano. E per farlo hanno condito il tutto con «impressioni» o «sensazioni» mosse dalle più viscerali e irrazionali emozioni. 

Si dovevano usare per far questo bambini malati? Si usavano. Tra le testimonianze pubblicate in questi giorni, che danno conto dell’incredibile calvario offerto da Stamina a famiglie disperate in cambio di numerose decine di migliaia di euro, non è insolito leggere espressioni come «Avevamo visto questo programma “Le Iene”…».

Sulla vicenda Stamina il Senato ha ora dato avvio ad un’indagine conoscitiva, per comprendere anche il ruolo di alcuni mezzi di informazione nella sua origine ed evoluzione. Nel frattempo, ora che sta franando il palcoscenico su cui si è recitata la tragicommedia dell’«inganno Stamina», giocata intorno all’illusione di uno pseudo-trattamento dai poteri taumaturgici, il direttore del programma «Le Iene» (Davide Parenti), cerca di smarcarsi e ripete un ritornello già ascoltato: «Abbiamo solo raccontato». Aggiungendo che la trasmissione ha «reso testimonianza», che «basta guardare le cartelle cliniche» (quali?), «abbiamo avuto curiosità per un tipo di cure, ripeto compassionevoli, che mandavano segnali», etc. E, per eludere ogni responsabilità professionale, butta lì che loro sono «un varietà, ma un varietà anomalo». A nostro avviso, «Le Iene» hanno gravi colpe nell’avere concorso a costruire, insieme a Vannoni, l’«inganno Stamina». Con una responsabilità morale forse equivalente a quella dello «stregone di Moncalieri» e con un impatto comunicativo sicuramente superiore a quello che «uno o più stregoni» avrebbero mai potuto avere.

Ma facciamo un passo indietro, un po’ di storia per capire meglio e non lasciare dubbi, a nessuno. Già in passato, Parenti e la sua trasmissione avevano «giocato» ad alimentare false speranze presentando fenomenali «cure» a base di staminali proposte in paesi non proprio al centro della scienza e della medicina come: Thailandia o Cina. Coerentemente, nella vicenda Stamina, «Le Iene» non hanno esitato a schierarsi con Vannoni, facendo da cassa armonica alle menzogne e alle falsità. È stato dopo un loro servizio che Adriano Celentano ha scritto la lettera pubblicata dal Corriere della Sera in cui si chiedeva al ministro Balduzzi di consentire ad una bambina di continuare a ricevere il «trattamento Stamina». Da quel momento è stata un’escalation. «Le Iene» hanno cominciato a montare e trasmettere riprese di bambini gravemente malati, facendo percepire al pubblico che il trattamento Stamina producesse effettivi e «visibili» miglioramenti. A questa tesi, perseguita con instancabile accanimento, hanno a più riprese mortificato e umiliato, oltre che la verità e il legittimo bisogno di chiarezza delle famiglie, anche la reputazione di non poche brave persone, esperti e scienziati «macchiatisi del peccato» di denunciare subito, senza mezzi termini, l’odore di bruciato.

«Le Iene» hanno teso una trappola al professor Paolo Bianco, esperto italiano tra i più qualificati al mondo su staminali mesenchimali, provocandolo e montando un servizio per metterlo in cattiva luce. Con sapienti «taglia e cuci» hanno prodotto immagini distorte del serio lavoro svolto dai professionisti della Commissione incaricata dal ministro facendo ricorso a piene mani alla loro (solita) scenografica e stucchevole pseudo-ironia riservata (solitamente) ai peggiori e loschi figuri intervistati in loro passate trasmissioni. E ancora, hanno ingannato lo staff di Telethon, mostrando Vannoni, «che per caso passava di lì», dialogare con un addetto Telethon (non un incaricato competente di aspetti medici e scientifici), allo scopo di suffragare l’idea che Vannoni fosse «interlocutore abituale e accreditato» degli scienziati del campo e «frequentatore attendibile» dello storico e internazionalmente riconosciuto ente no-profit di ricerca. Eccetera.

L’elenco delle «furbate» sarebbe lungo come tutti i servizi mandati in onda. Tutto sempre allo scopo di «raccontare» quel che loro stessi andavano sceneggiando, con l’intento da un lato di spettacolarizzare le sofferenze dei malati, e dall’altro di alimentare un’idea falsata della controversia, dove Vannoni doveva apparire il benefattore contro cui si erano scatenati i poteri forti e cattivi, incarnati dagli scienziati, ovviamente sempre al soldo delle case farmaceutiche (sia chiaro, le stesse che producono i farmaci che spesso salvano la vita a noi e ai nostri figli).

Di una serie di altri aspetti invece «Le Iene» si sono completamente disinteressate:

1) dell’indagare e raccontare che fosse Vannoni a intrattenere accordi commerciali con un’impresa farmaceutica multinazionale (Medestea – che le cronache dicono sia stata censurata dall’antitrust decine di volte per pubblicità ingannevole – tanto per restare in tema di corretta informazione);

2) del perché il proprietario di quella stessa multinazionale comparisse «improvvisamente» dietro le telecamere di «Le Iene» durante l’aggressione a Bianco (giusto quei secondi per permettergli di esprimere squallidi epiteti sottotitolati dal programma senza dire chi realmente fosse e quali fossero i suoi interessi ad esprimersi così);

3) del dettagliare l’insussistenza del «metodo» come riportato nelle valutazioni dell’ufficio brevetti americano (diventate pubbliche solo perché Vannoni & Co. non riuscirono nell’intento di «nasconderle»);

4) dello spiegare cosa significhi uno pseudo-metodo plagiato e falsato da artefatti sperimentali russi (come riportato da Nature);

5) che il trattamento Stamina non avesse nemmeno i requisiti di legge per essere «compassionevole» (termine usato spesso e a sproposito nei loro servizi);

6) che non vi fosse mai stata un’autorizzazione formale dell’Agenzia Italiana del Farmaco ad effettuare il trattamento presso gli Spedali Civili di Brescia (fatto mai smentito da Brescia), e che anzi, nel 2012, l’Agenzia avesse riscontrato illegalità su ogni fronte;

7) del raccogliere e raccontare i motivi che hanno spinto gli specialisti scienziati e clinici del mondo, oltre a premi Nobel, ad evidenziare che «non c’è nessun metodo» e nessuna «cartella clinica» in cui fosse scritto che i pazienti erano migliorati;

8) che in agosto Vannoni stesso avesse detto che la sperimentazione clinica del suo «metodo» era inutile e che per la variabilità della Sma – fino a quel momento malattia bandiera di Stamina e di «Le Iene» – tale malattia era da escludere dalla sperimentazione governativa in quanto sarebbe stato impossibile osservare benefici.

Di tutto ciò, appunto, Parenti e il suo programma si sono disinteressati anche se si trattava di elementi che qualsiasi giornalista aveva a facile disposizione, di fatto coprendo queste evidenze fondamentali.

Senza trascurare che dal sito del programma, che riporta il logo di Stamina, si dava accesso facilmente a informazioni utili a chi intendesse «rivolgersi a qualche giudice» (non a qualche medico!) per ottenere la prescrizione del trattamento Stamina.

Ora, il contratto di convivenza sociale prevede che i danni fatti si paghino.

In un paese civile, Parenti e chi per lui, sarebbero anch’essi chiamati a rispondere davanti a un giudice e, probabilmente, nessuna testata che si riconosca nei più elementari principi della deontologia giornalistica darebbe più una riga da scrivere, un secondo di trasmissione, a chi si è comportato come abbiamo visto fare. Perché alla base della deontologia vi è il dovere di ricercare l’oggettività nella ricostruzione dei fatti. Se poi si sale a livello europeo, le raccomandazioni etiche dicono che i giornalisti devono chiaramente e manifestamente «tenere distinti i fatti dalle opinioni». Nel caso Stamina i fatti venivano costruiti, nutriti dalla materia di opinioni insensate o manipolatorie. Questo evidenzia, a nostro parere, una chiara responsabilità diretta di chi ha agito così.

Fino a quando in Italia si potrà continuare a giocare sul fatto che in un «varietà anomalo» si possa fare anche pseudo-informazione senza avvisare lo spettatore che si tratta di puro spettacolo? Questa è diventata l’immagine dell’Italia all’estero: quella di un Paese dove negli ultimi decenni – a livello della comunicazione non solo mediatica, ma anche politica – è sempre più difficile distinguere tra le spettacolarizzazioni mistificatorie e la realtà. Noi pensiamo che l’Italia vera non sia questa. Vorremmo che anche le competenze e il senso di responsabilità che nel nostro Paese non mancano, venissero sempre mostrate e valorizzate. Ovviamente affidandole a quei mezzi di comunicazione capaci di cogliere, consapevolmente e ogni giorno, il significato civile e la responsabilità sociale del loro ruolo.

Nota:

Elisa Cattaneo e Michele De Luca sono fra i massimi staminologi mondiali. Gilberto Corbellini è uno storico della scienza.

La replica di Davide Parenti, capo delle Iene, è una tesi di laurea in paraculaggine.

Parenti sostiene che il pasticcio l’ha combinato lo Stato, non le Iene (ma non è questa l’accusa che viene mossa alle Iene, NdR) e che sono le famiglie dei bambini malati ad aver detto che i bambini stanno meglio  “anche se questa cosa da un punto di vista rigorosamente scientifico non vuole dire nulla”.

Parenti strumentalizza per l’ennesima volta il dolore della gente: “L’unica nostra colpa è esserci affezionati alle storie di famiglie colpite da gravi malattie e che si sentivano sole”.

Parenti tocca infine il tasto dolente in questo modo: “Se uno solo dei nostri spettatori si è convinto che il metodo Stamina funzioni scientificamente – o che secondo noi funzioni – gli chiediamo scusa, perché non è questa la nostra convinzione. E non è quello che volevamo raccontare, nè lasciare intendere.”

Peccato che, senza l’accusa dei tre scienziati, nessuno dei milioni di spettatori del programma di Italia1 avrebbe saputo della vera convinzione delle Iene, espressa nella replica paracula di Parenti .

L’Unità ha intervistato Elena Cattaneo, che rincara la dose:

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Maggio 2014: le Iene continuano a diffondere “vergognose falsità”.

La Stampa 31/05/2014

Iene e sanità: vergognose falsità trash

ELENA CATTANEO, GILBERTO CORBELLINI, MICHELE DE LUCA

Siamo cittadini italiani di una generazione che ha epigeneticamente introiettato la tolleranza, ma non troviamo un argomento etico valido per giustificare coloro che gettano benzina sul fuoco della sofferenza causata da gravissime malattie, per generare conflitti tra malati, scienziati, medici e politici. In sostanza, tra scienza e società. Stiamo parlano degli autori e realizzatori del programma «Le Iene». Dopo aver «pubblicizzato e dato luce» all’imbroglio di Stamina, coinvolgendo pazienti con gravi patologie neurodegenerative, il programma di Davide Parenti si è lanciato nell’esplorazione di tutte le possibili operazioni di disinformazione ai danni dei malati che fossero mediaticamente appetibili. Occorre una buona dose di malvagità, malevolenza, narcisismo, assenza di vergogna, etc. per perseguire così insistentemente nell’opera di aggravare le sofferenze altrui.

E’ per questo, anche, che non troviamo argomenti validi per evitare di sollevare un problema che Davide Parenti e i suoi hanno già provato a far passare, cosa che non è, come la richiesta di un bavaglio alla loro libertà di espressione. Infatti, vediamo cosa stanno facendo, ancora, costoro.

Con Stamina, fatti e informazioni rilevanti erano stati omessi o rappresentati in modo distorto, e di questo abbiamo già scritto lo scorso gennaio su questo quotidiano. La possibilità di spremere audience usando Stamina, dando una serie di giustificazioni arroganti e ulteriormente fuorvianti alle richieste di spiegazioni per aver fatto da megafono a un procedimento che è oggetto di un dibattimento processuale per una serie di gravi reati, si è chiusa. Ma «Le Iene» ha subito individuato utili «vittime» nei malati di cancro, decidendo di farsi portavoce in Italia delle infondate tesi di T. Colin Campbell degli effetti millantati «terapeutici» di una dieta alimentare esclusivamente vegetariana, spacciata per «cura» dei tumori. E’ stato un ulteriore pericolosissimo messaggio che può indurre malati ad abbandonare trattamenti scientificamente provati per inseguire delle mortali illusioni di pseudo-cure.

L’ultima vergognosa puntata del programma non poteva non essere dedicata ai vaccini, mettendo perversamente insieme un disegno che può generare danni a diversi livelli della salute nazionale. In uno stesso servizio «Le Iene» hanno accostato la vicenda di un ragazzo con un danno encefalico causato da un vaccino (e per questo risarcito dal sistema sanitario) e la vicenda di un ragazzo autistico per il quale assumere come scontato un rapporto tra la sua patologia neurologica e una vaccinazione (trivalente). Quindi hanno fatto sia propaganda contro i vaccini, sia hanno – col solito subdolo metodo strisciante – generato il sospetto che esistano interessi di qualche genere per cui alcune persone danneggiate sono rimborsate e altre no. Prima di tutto va decisamente detto che gli effetti collaterali dei vaccini sono oggi rarissimi, che nessun vaccino causa o è correlato statisticamente con le possibili cause dell’autismo e che le istituzioni che presiedono la sanità pubblica italiana seguono le migliori procedure esistenti per garantire la sicurezza dell’uso dei vaccini. E questo, ovviamente non lo hanno detto. Così come non hanno detto quante malattie terribili sono state debellate grazie vaccini. 

Infatti, adagiati su rendite personali ben più consistenti di quelli di insegnanti e ricercatori, non pochi pseudogiornalisti scientifici o «racconta-storie» in questo Paese possono pontificare senza sapere e capire alcunché di ciò di cui parlano. Così offendono la dignità di milioni di malati e cittadini e causano loro danni diffondendo pericolose «falsità-trash». In aggiunta, questi cosiddetti giornalisti, insultano – probabilmente perché ne disprezzano l’intelligenza e l’impegno – anche migliaia di giovani e meno giovani ricercatori italiani, dediti allo studio di gravissime malattie rare o non rare, come il cancro o la Sma («cui non fregherebbe nessuno studiare», sempre secondo le dichiarazioni di «Le Iene»), con stipendi da fame, senza alcun orizzonte personale, in laboratori che ricevono nessuna attenzione e pochissimi finanziamenti, ma che comunque producono straordinari risultati su malattie complesse e in grado di competere nel mondo. Senza dimenticare le centinaia di migliaia di studenti che a scuola e all’università lavorano con i loro insegnanti per apprendere come separare i fatti dalle opinioni, dalle preferenze soggettive e soprattutto dalle stupidaggini infondate. Imparano cioè a distinguere la scienza dalle credenze magico-superstiziose.

Vada per i ricercatori e per noi, che ci sappiamo difendere e riconosciamo al volo gli incompetenti e i ciarlatani, anche se compaiono in televisione e si ammantano dell’aurea di censori e moralizzatori. Si dovrebbe però, seriamente, intervenire sia con un codice etico condiviso dagli enti televisivi e d’informazione, sia mettendo sull’avviso i malati e i cittadini di non prender sul serio certi programmi televisivi o mezzi d’informazione attraverso specifiche avvertenze circa l’assenza di vaglio scientifico di quanto trasmesso. Così come si fa per i programmi con contenuti pericolosi o inadatti per un certo genere di pubblico, forse servirebbe un avvertimento del tipo: «Attenzione – in questo programma si parla a vanvera e anche pericolosamente, senza prova alcuna di ciò che si trasmette».  

A parlare in tale direzione è anche l’articolo 661 del Codice Penale, sul reato di abuso di credulità popolare. Anche in ambito medico.  

Elena Cattaneo,
Università degli Studi di Milano, senatrice a vita

Gilberto Corbellini,
Sapienza Università Roma

Michele De Luca,
Università di Modena e Reggio Emilia

Secondo la denuncia dei tre scienziati, quindi, le Iene taroccano i fatti e speculano sulla pelle dei malati, al solo scopo di fare spettacolo. Altro che paladini dell’informazione: sono dei pericolosi irresponsabili.

Passa una settimana ed ecco i nostri “eroi” di nuovo in azione con i soliti metodi. Stavolta il tema è quello dei minori fuori famiglia. La responsabile del CNCA denuncia:

“Le Iene” sui minori fuori famiglia,
un caso esemplare di cattivo giornalismo

Marelli: “Sulla stampa servizi a raffica, ma chi si è preso la briga
di venire a vedere cosa accade davvero in una comunità?
La nostra solidarietà alla cooperativa Progetto 92 di Trento”

Roma, 22 maggio 2014

“Ieri a ‘Le Iene’ è andato in onda un servizio sui minorenni che vivono fuori dalla famiglia di origine che è un caso esemplare di cattivo giornalismo”, dichiara Liviana Marelli, responsabile Minori del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA). “Ancora una volta sono stati riproposti i soliti pregiudizi sul sistema di presa in carico dei minori e sulle comunità che li accolgono. Un mix di dati decontestualizzati, documenti a forte impatto emotivo, esperti e ‘commissioni di inchiesta’ che avvalorano la denuncia. Tutto sotto il titolo ‘Come funziona il business dei bambini.’ Invece di continuare a fare servizi facendosi imbeccare da singoli personaggi o gruppi precisi, quando avremo dei giornalisti che si prenderanno la briga di venire nelle comunità per vedere chi sono realmente gli operatori che ci lavorano e cosa accade in esse? Noi siamo pronti ad ospitarli.”

“In merito al servizio delle Iene poi”, continua Marelli, “si fa credere, falsamente, che la maggior parte dei minorenni fuori famiglia siano bambini e ragazzi strappati alle famiglie, senza il loro consenso, per motivi spesso futili o comunque ingiustificati. Se invece di attaccare la cooperativa sociale Progetto 92 di Trento, con un’intervista che mirava esclusivamente a scandalizzare il pubblico, si fosse fatta qualche domanda sulla loro esperienza (o questo non importa?), si sarebbe scoperto che dei 22 minorenni ospitati in questo momento nella comunità, ben 15 sono lì per ‘inserimenti consensuali’, cioè attivati d’intesa, e non contro, le famiglie di origine, con cui si lavora per ricostruire un progetto di vita familiare e per il minore. Inoltre, le cifre delle rette per le comunità dichiarate dall’avvocato intervistato a inizio servizio – dai 70 ai 400 euro al giorno per persona – sono fuorvianti, perché sopra i 150 euro, normalmente, arrivano solo le comunità terapeutiche, che hanno in carico persone con specifici bisogni sanitari. Le comunità socio-educative, quelle a cui ci si riferisce nel servizio, nel Trentino non superano i 140 euro, cifra che scende sensibilmente in altre regioni italiane, soprattutto nel Sud Italia. Quando i soldi arrivano, perché è noto che i ritardi nei pagamenti hanno messo in ginocchio parecchie comunità per minori. Altro che business!”

“Infine,” conclude la responsabile Minori del CNCA, “in merito al presunto conflitto di interessi che riguarderebbe i giudici onorari che svolgono, contemporaneamente, attività lavorativa in una comunità per minori, sottolineiamo che è prevista una facoltà/dovere di astensione del giudice onorario rispetto ai casi di minori accolti in una struttura in cui egli opera e, soprattutto, che i giudici onorari non intervengono in alcun modo – come invece farebbe pensare il servizio delle Iene – nell’assegnazione del minore presso questa o quella comunità, prerogativa del Servizio sociale. Per questo esprimiamo tutta la nostra solidarietà alla cooperativa Progetto 92, che da parecchi anni accoglie in modo serio, appassionato e competente bambini e ragazzi con storie difficili e segnatamente a Katia Marai, oggetto di esplicito attacco senza che alcuna delle decisioni da lei assunte in tanti anni di lavoro presso il Tribunale dei Minorenni sia stata oggetto di critica.”

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Da notare che le Iene NON SONO giornalisti. Sono attori con una telecamera. A che titolo importunano la gente con domande e riprese video? Essendo questa loro attività svolta in maniera continuativa, non si configura il reato di abuso della professione giornalistica?
 E di conseguenza quello di violenza privata?